Italiano

La ruota, schiacciata dall’ingente peso della valigia, rotolava a fatica sul marciapiede cosparso di sanpietrini incitata dalle mie imprecazioni. Ad un certo punto si bloccò definitivamente e completamente usurata e fuori asse si arrese. Tutto incominciò così.

Un vento freddo e una pioggia insistente sferzavano la pista di atterraggio dell’aeroporto internazionale di Cracovia. La gente si affollava e correva verso la navetta che portava all’unico terminal mentre io facevo finta di sapere perfettamente dove mi stavo dirigendo e quello che sarei andato a vivere nei successivi quattro mesi. In realtà non ne avevo la minima idea. Non sapevo nemmeno dove si andava a ritirare i bagagli.

Vi risparmio i particolari del mio roccambolesco arrivo a Nowy Sacz, una cittadina situata nel sud della Polonia (la versione polacca di Rovigo praticamente), non vorrei mai farvi passare la voglia di intraprendere un'esperienza all'estero; vi confido solamente che in quelle ore mi ritrovai ospitato da un ragazzo italiano, passai tutta la serata con la sua compagnia di amici internazionali e dormii su un materassino gonfiabile di quelli che si usano per andare al mare, di cui ignoro il perchè si trovasse in quel luogo visto che lo specchio d'acqua più vicino si trova 1000 km di distanza.

Ma non preoccupatevi, ci sono anche università che gestiscono perfettamente l'accoglienza all'aeroporto degli studenti erasmus con tanto di bandierine svolazzanti e cartelli con i vostri nomi.

Specialmente se la vostra destinazione non è tra le più famose, ma non per questo meno valida, è probabile che vi venga proposto un'EILC, un'iniziativa volta a supportare le lingue e le culture meno conosciute, oserei dire provvidenziale e necessaria per ambientarsi in luoghi in cui la prima lingua non sia inglese, spagnolo, francese o tedesco. Un po' titubante aderii al corso di polacco della durata di un mese e mi avvicinai in punta di piedi ad un mondo allora a me estraneo. Fortunatamente si trasformò rapidamente in molto di più e la prima sera ne avemmo conferma.

Toc! Toc!

“Vado io” dissi al mio coinquilino. Aprendo la porta mi ritrovai di fronte al viso sorridente e amichevole di quello che sarebbe stato uno dei futuri compagni di classe “Hi!I’m Lasser! If you want we have some beers in our flat. Enjoy with us”. Chi l’ha detto che i tedeschi sono freddi? Probabilmente si trattava di un’eccezione alla regola ma la semplicità con cui instaurammo legami in quel mese può essere racchiusa in quella semplice frase. Ignorando i nomi, che nessuno avrebbe imparato se non dopo qualche giorno, incominciammo ad instaurare relazioni e amicizie favorite anche dalle attività extra che ci vennero proposte quali un forum di economia, rafting, arrampicata ed escursioni. Ricordo con nitidezza serate in cui, tutti riuniti nelle varie camere convertite per l'occasione in ristoranti o discoteche, scambiavamo opinioni, esperienze, battute, difficoltà.  Serate in cui c'erano due italiani, due tedeschi, un francese e un portoghese, il ché sembrava l'inizio di una famosa barzelletta e invece era, ed è, realtà.

Passando tra appartamenti di fortuna e dormitori anonimi che fanno apparire qualsiasi studente erasmus come un incrocio tra un profugo e una famiglia anni '50 in partenza per il mare arrivai finalmente a Cracovia. Se non siete disposti a buttarvi qualche paura dietro alle spalle, a fare una sana fatica adattandovi a qualche camera rimediata all'ultimo condividendo bagno e luoghi comuni, beh, lasciate che ve lo dica, forse incontrete qualche difficoltà. Alla fine siamo tutti nelle stesse condizioni, con gli stessi timori e lo stesso entusiasmo tipico della nostra età, l'intesa è immediata, naturale.

Con sincerità ammetto che non è stato tutto facile e scontato, ma nessuno mi aveva assicurato che lo fosse, serviva solo che ne valesse la pena. Senza frigo e forno per 4 mesi, mi sembrava di vivere la versione polacca di Cast Away e l'università con una struttura completamente diversa ti facevano scendere più di una goccia di sudore sulla fronte anche se la temperatura fuori era di -3°C, ma tutto concorre a farti crescere.

Che poi ogni ateneo ha i propri corsi e le proprie modalità di lezione, e io in questo mi sento di essere stato particolarmente fortunato. In una classe molto ridotta con professori preparati e competenti che ti seguono in ogni passo, mi riesce impossibile fare un confronto, ma l'esperienza concreta e tangibile di quanto studiavo difficilmente potevo viverla nella mia facoltà in Italia. Ne esco sicuramente molto arrichito professionalmente.

 Tuttavia se l'erasmus si esaurisse qui, non sarebbe poi tutta questa gran cosa direte voi, ti fai un master e qualche seminario fatto bene e l'esperienza te la procuri anche in Italia, ma non è questo il punto. Sto parlando di esperienza umana, di sperimentare la fatica di esprimere quello che sei utilizzando un'altra lingua, uno dei primi veicoli di comunicazione dopo il corpo, e della sorpresa di riuscire a stabilire amicizie indimenticabili nonostante tutto. Esperienza di dover vivere da soli, di essere consapevoli che se oggi non ti fermi a fare la spesa ti tocca mangiare Cheerios e caffelatte per cena. Esperienza di doverti relazionare in una classe di studenti internazionali e con professori che ti chiedono di realizzare essay settimanali, ai quali la tua prima reazione è "eh seeii, figurati!".

Un grande bagaglio culturale e umano, l'unico che Ryanair non vi potrà tassare!

Ho un'immagine che conclude il mio erasmus:

sto aspettando che salga l'ultimo caffè mentre Aretha Franklin mi sta cantando “..but I know my change is gonna come…”. Morsa allo stomaco, sguardo perso, una cucina vuota. Tutto sembra un po’ ovattato, come quando ti ritrovi d’improvviso a bassa quota e le tue orecchie si devono ancora adattare. Pensieri che vagano, saltando da un momento all’altro seguendo un’ordine indefinito, volti che si alternano, persone che ridono. Sento un sapore aspro, amaro, forse è il caffè. Naa, non è il caffè. E’ il sapore della partenza. E’ il sapore che gusti quando realizzi che quel posto non lo rivedrai mai più, e se anche così non fosse, non lo guarderai con gli stessi occhi, nella stessa condizione, parola di Eraclito “non si scende mai due volte nello stesso fiume”. E’ il sapore che si crea quando sai che certe persone non avrai più modo di incontrarle per un bel po’ di tempo, mesi, anni, chissà.

Quindi ragazzi vi auguro davvero di provare una sana insicurezza al momento della partenza, significa che siete aperti a qualsiasi finale e quindi anche pronti a lasciarvi stupire, e di gustare un sapore amaro al momento del ritorno, è il gusto della miglior esperienza che avete avuto l'occasione di vivere.

Enjoy it!

- Francesco Veronese Erasmus a Cracovia -